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L'epidemia di Ebola nella Repubblica Democratica del Congo è ora un'emergenza per la salute pubblica di interesse internazionale: lo ha dichiarato mercoledì 17 luglio un portavoce dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, auspicando che si raccolgano fondi e si potenzi il supporto sanitario per arginare la diffusione dell'infezione.

Finora la seconda più grave epidemia di Ebola dopo quella del 2014-2016 ha interessato oltre 2.500 persone, due terzi delle quali sono morte. L'epicentro è localizzato in due province, Nord Kivu e Ituri, ma l'ago della bilancia in questa decisione dell'OMS, che gli addetti ai lavori invocavano da tempo, è stata la registrazione del primo contagio a Goma, una grande città con 2 milioni di abitanti, un sistema ferroviario e un aeroporto internazionale, situata al confine col Ruanda. Anche in Uganda sono stati già registrati alcuni casi isolati.

In peggioramento. Dall'agosto 2018 sono morte a causa del virus oltre 1.600 persone, e ogni giorno si registrano 12 nuovi casi. Ci sono voluti 224 giorni affinché il numero totale di contagi toccasse le mille unità, ma solo 71 giorni per arrivare a 2.000 casi. A complicare gli sforzi di contenimento ci sono i conflitti armati nella regione, con attacchi spesso mirati alle strutture sanitarie, e una diffusa sfiducia nei confronti di medici e volontari - tanto che un terzo delle morti avviene in comunità abitate e non nei centri specializzati per isolare e curare i pazienti.

C'è un vaccino efficace nel 99% dei casi, già somministrato a 161.000 persone, ma soltanto chi viene a contatto con persone infette viene vaccinato, e i suoi conoscenti dopo di lui. A complicare la situazione, un clima di sfiducia generalizzata: in molti ritengono che "il male" venga proprio dai vaccini, non dal contagio virale.

Frontiere aperte. L'OMS è preoccupata non solo del possibile passaggio del virus attraverso i confini, ma anche dell'espansione regionale dell'epicentro, che occupa un'area ampia 500 km. L'organizzazione ha invitato i Paesi coinvolti a non chiudere le frontiere, una misura che bloccherebbe l'afflusso di risorse e personale sanitario e che si rivelerebbe controproducente. Prima d'ora lo status di emergenza internazionale era stato deciso solo in quattro occasioni: per l'influenza suina nel 2009, per il ritorno della polio nel 2014, per Ebola in Africa occidentale nel 2014 e per Zika in Brasile nel 2016.

Massima allerta e controlli serrati all'aeroporto di Fiumicino per chi arriva dalla Repubblica democratica del Congo. Dopo che l'Organizzazione mondiale della sanità l'ha classificata come ''emergenza di salute pubblica internazionale'' di livello 3, il ministero della Salute, attraverso il dirigente medico dell'U.T. di Roma Fiumicino, chiede alla direzione aeroportuale del Lazio di convocare una riunione all'Enac con Enav, Enti di Stato, Adr, Alitalia, Aviapartner Aviation Services, Aoc, Comitato Utenti e Ibar, per fare il punto sulla situazione e avviare la macchina dei controlli, dando indicazioni dettagliate su cosa fare in caso di passeggero a rischio virus Ebola.

''Ad oggi - si legge nel documento del ministero della Salute di cui è in possesso l'Adnkronos - vengono eseguiti controlli sanitari sugli operatori delle Organizzazioni governative e le Ong che rientrano dalla Repubblica democratica del Congo''. I loro rientri, programmati ''sono sempre indiretti, con scalo, di norma in un paese Ue, possono però arrivare anche con voli extra Eu, ad esempio dall'Etiopia''. La procedura d'intervento, sul modello di quella già sperimentata nella precedente epidemia di Ebola del 2014, contenuta nell'ordinanza del medico di aeroporto che sarà inviata agli enti interessati a seguito della riunione, ''ha tempi d'intervento a bordo aereo di 2-3 minuti''.

Nel documento viene anche stilato il cronoprogramma delle azioni degli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera (Usmaf) che devono scattare nello scalo di Fiumicino. Dalla segnalazione se ci siano ''voli diretti/indiretti (con scalo intermedio) dalla Repubblica democratica del Congo e dal Ruanda'' fino ad arrivare all'obbligo per tutte le compagnie aeree con voli in arrivo di avere a bordo un numero di Plc (la scheda di individuazione passeggeri per fini di sanità pubblica) pari al numero di passeggeri ed equipaggio imbarcabili. Una scheda che deve essere compilata nei casi in cui l'autorità di sanità pubblica sospetta la presenza di una malattia infettiva, in cui si chiedono ai passeggeri informazioni utili: dal numero del volo al posto su cui si è seduti sull'aereo, oltre alle consuete informazioni anagrafiche. Nel documento del ministero si chiedono poi i numeri di cellulare dei capi scalo e dei responsabili di tutte le compagnie aeree con scalo a Fiumicino, nonché quelli del personale per una massima operatività.