Lo dice il New England Journal of Medicine  una delle più prestigiose e autorevoli riviste medico scientifiche a conclusione dello studio “Rischio & Prevenzione1 svolto dall’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri (IRCCS) e Consorzio Mario Negri SudNei pazienti ad alto rischio cardiovascolare l’assunzione di 1 grammo al giorno di acidi grassi polinsaturi non riduce la mortalità, né i ricoveri legati ai problemi di cuore, né previene gli eventi cardiovascolari nei soggetti ad alto rischio. Il risultato di questo maxi studio italiano è unico nel suo genere perché vede protagonisti 860 medici di famiglia del Servizio sanitario nazionale, autori del lavoro insieme agli scienziati dell’IRCCS. Lo studio, doppio-cieco, placebo-controllato, ha coinvolto 12.513 pazienti  con fattori multipli di rischio cardiovascolare (tra cui obesità e diabete), età media 64 anni, per il 39% donne, seguiti per 5 anni con l’obiettivo di verificare se l’assunzione giornaliera di1 grammo di omega-3 potesse prevenire le principali complicanze in una popolazione ad alto rischio cardiovascolare.

La conclusione è chiara: «un trattamento farmacologico con omega-3 non comporta vantaggi specifici in termini di riduzione di mortalità e ospedalizzazione per motivi cardiovascolari, se aggiunta ad una buona assistenza medica così come è disponibile nella pratica degli 860 medici di medicina generale in tutta Italia che hanno partecipato allo studio».

Questa, però, non dovrebbe essere una grande novità. Già in precedenza altri due studi avevano messo in discussione l’effettiva utilità degli omega-3 nella riduzione del rischio cardiovascolare.
Nel 2010 gli autori di uno studio2 multicentrico, doppio-cieco, placebo controllato svolto in Olanda su 4.837 pazienti, avevano dimostrato che l’integrazione con acidi grassi marini n-3 tra cui l’acido eicosapentaenoico (EPA), l’acido docosaesaenoico (DHA) e l’acido alfa-linoleico (ALA) di origine vegetale, non riduceva il tasso di eventi cardiovascolari maggiori nei pazienti che avevano subito un infarto del miocardio.

Nel 2012, poi, in un altro studio3 in doppio-cieco con un disegno fattoriale 2 x 2 svolto su 12.536 pazienti ad alto rischio cardiovascolare, con alterata glicemia a digiuno, intolleranza al glucosio o diabete, l’assunzione giornaliera di 1 g di acidi grassi omega-3 non aveva ridotto il tasso di eventi cardiovascolari in pazienti ad alto rischio.

A tutto questo possiamo poi aggiungere una metanalisi4 del 2012, pubblicata sulla prestigiosa rivista JAMA, che ha analizzato 20 studi per un totale di 68.680 pazienti, che già anticipava e, in pratica, confermava l’osservazione scaturita dallo studio dell’IRCCS.

Gli omega-3, una categoria di acidi grassi essenziali noti soprattutto per la loro presenza nelle membrane cellulari e per il mantenimento della loro integrità, avevano suscitato, in passato, un grande interesse per i risultati ottenuti in alcuni studi americani5-6 che ne vantavano le proprietà di riduzione del rischio cardiovascolare, ma i dati pubblicati negli ultimi anni sembrano smentire del tutto gli effetti benefici in ambito cardiovascolare attribuiti a questa categoria di acidi grassi.

Bibliografia

1 Risk and Prevention Study Collaborative Group, n-3 fatty acids in patients with multiple cardiovascular risk factors. N Engl J Med. 2013 May 9;368(19):1800-8.
2 Alpha Omega Trial Group. n-3 fatty acids and cardiovascular events after myocardial infarction. N Engl J Med. 2010 Nov 18;363(21):2015-26.
3 Bosch J, et al. n-3 fatty acids and cardiovascular outcomes in patients with dysglycemia. N Engl J Med. 2012 Jul 26;367(4):309-18.
4 Evangelos C. et al Association Between Omega-3 Fatty Acid Supplementation and Risk of Major Cardiovascular Disease EventsA Systematic Review and Meta-analysis JAMA. 2012;308(10):1024-1033. doi:10.1001/2012.jama.11374
5 Physician’s Helath Study
6 Nurse’s Health Study